Monsu Barachin, inteso come blog, compie tre anni e, in concomitanza con il quarantesimo compleanno del suo mentore, inaugura una nuova categoria: ristoranti di livello alto e altissimo in città dove concedersi pause pranzo de-luxe, anche poche volte all’anno.
Io me le sono regalate per i quarant’anni, voi decidete quali occasioni possano celebrare per voi.
Partiamo da Il Gatto Nero, il più longevo ristorante torinese con la stessa gestione, particolarmente intimo e riservato, in perfetto understatement subalpino, celato dietro una porta in legno – con un solo gatto nero istoriato sopra – al piano terra di un palazzo signorile anni ’50 su via Turati ai limiti del quartiere Crocetta.
Un ambiente squisitamente retrò, tra pareti con mattoni a vista – il cosiddetto par-à-man così in voga nei favolosi Anni Cinquanta – e sedie e tavoli in legno scuro un po’ streamline, tovaglie bianche lunghe e tantissime bottiglie in vista (una cantina tra le più fornite e creative in città).
Cucina tradizionale, piemontese ma anche toscana, deliziosamente vintage che io non ho mancato di assaggiare facendomi raccontare tutte le storie ad esse correlate: LA MELIZZA, una versione leggera e nobile della parmigiana di melanzane e che negli anni 50 permetteva a un ristorante di un certo livello di proporre una propria di versione della pizza (che non avrebbe potuto e dovuto servire), UOVO DI GALLINA IN “CAMICIA ROSSA”, la rivisitazione di un piatto povero piemontese – le uova con il pomodoro – qui cotte in camicia in cocotte di sugo di pomodoro fresco ed erbe aromatiche (facendoci quasi pensare oggi a una mediorientale shakshuka, SPAGHETTINI ALLA PEPPINO FIORELLI (piatto inossidabile dagli anni cinquanta con sugo di pomodoro e trito di capperi e carciofini) e FRAGOLE AL MARSALA CON GELATO AL MASCARPONE, perché nella cucina del Gatto nero si è sempre preparato il gelato artigianale, dando poi anche il la per successive gelaterie artigianali.
Io ho accompagnato con due vini eccellenti, anche loro non scelti a caso e con interessanti provenienze geografiche e procedimenti esecutivi: un Prosecco Di Treviso “Sui Lieviti” Gregoletto, fermentato in bottiglia, e un Musar Jeune 2015 Hochar, vino libanese aromatico prodotto Beekaa Valley, con tradizioni viti-vinicole vecchie di seimila anni.
Tanti, anche stranieri in città, vengono qui per assaggiare alcuni loro piatti diventati iconici: il vitello tonnato, i “Ricchi E Poveri” (code di gamberi e fagioli cannellini), l’Insalata tiepida di mare (Gatto Nero 1962), la Galantina di pollo ai pistacchi in gelatina di aceto di Moscato, le Pappardelle al ragoût d’anatra al Barbaresco, gli Ziti arrotolati alla “Genovese Di Calamari”, Paccheri di Gragnano al ragoût di costata (cinque ore di cottura), lo Steak Haché e Châteaubriand di filetto alle bacche di ginepro,
Io ho approfittato del menù bistrot feriale con due piatti, tra una selezione tra antipasti e primi, a 25 euro e calici a 5/6; diversamente menù alla carta sempre disponibile.
Più che soddisfatto lo consiglio anche voi: con un Borsalino originale (noi maschi) e un vestito a corolla Dior o un tailleur Chanel (voi femmine) sarete sicuri di non sfigurare.
Al Gatto Nero
Corso Filippo Turati, 14
011 590414
http://www.gattonero.it
Facebook
LUN – SAB: pranzo e cena
Chiuso la domenica