Prima della mia visita, la settimana scorsa, da Fra Diavolo, ho sentito molto parlare di questa pizzeria.
Molto bene e molto male.
Io ricordo di aver assaggiato più di vent’anni fa la pizza nel locale dove tutto è nato a Diano Marina (IM): sinceramente non la ricordo napoletana, cioè con il cornicione alto, ma sono passati troppi anni e il ricordo è quello che è.
Accolto in un ambiente suggestivo, a metà tra sala giochi vintage e ristorante newyorchese post-industriale, e dal personale in sala molto gentile, ero curiosissimo di provarla.
Come l’ho trovata?
Buona! Impasto ben alveolato, cornicione molto prominente (tipo ‘canotto’ molto in voga in alcune pizzerie partonepee e campane) ma con crosta croccante e interno morbido – e non crudo come segnalavano molti delatori -, e ottime materie prime di farcitura: dalla passata di pomodoro La Fiammante bio dolce e per nulla acida alla mozzarella fior di latte dei Monti Lattari, al tonno sott’olio in filetti della mia pizza Vanchiglia.
Un unico (grande) difetto: troppe bruciature sopra e sotto la pizza, di cui Fra Diavolo non sembra però dare troppo peso e infatti anche quella presente sulla home page del sito ha le bolle bruciate.
Al di là di apparire pignolo e pedante e degli ovvii rischi per la salute, anche il gusto ne risente: la pizza non deve avere bruciature.
La questione della pizza bruciata è trattata, tra l’altro, anche nel Disciplinare della Pizza napoletana presentato a Bruxelles per ottenere la denominazione di marchio collettivo dove si legge:
“Il pizzaiolo deve controllare la cottura della pizza sollevandone un lembo, con l’aiuto di una pala metallica e ruotando la pizza verso il fuoco, utilizzando sempre la stessa zona di platea iniziale per evitare che la pizza possa bruciarsi a causa di due differenti temperature. È importante che la pizza venga cotta in maniera uniforme su tutta la sua circonferenza”.
Tonerò per assaggiare i dolci di cui mi hanno parlato molto bene.
E per verificare che non sia più bruciata, mi raccomando!
Fra Diavolo Torino
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