Wemà come Ue Ma’.
Perché in una delle più recenti e smart aperture Torinesi a tema pizza tutto è giocato sulle interiezioni tipiche e frequenti della mamma, soprattutto di giù, con la presenza, custodito in una teca, di un battipanni con tanto di didascalia ‘rompere in caso di “vieni qui, non ti faccio niente”’.

Una pizza decisamente napoletana, cornicione prominente, ma nel complesso leggera e anche abbastanza gourmet, come la Barbabié (13€), che ho assaggiato io, con impasto al carbone vegetale, crema di barbabietola, fior di latte d’Agerola, gorgonzola DOP, prosciutto cotto, basilico, olio EVO.

Prima è possibile assaggiare, soprattutto per la condivisione, sfizi in pieno stile partenopeo come i fiori di zucca ripieni (5€), bruschette, crocchettoni, sofficini e pizza a portafoglio farcita con prosciutto crudo di Norcia e mozzarella di bufala (8€). Avrei assaggiato volentieri anche un’altra tra queste tre: Scarò (13€) con il cornicione ripieno di ricotta, fior di latte d’Agerola, scarola, alici di Cetara, olive taggiasche, la Friarié 2.0 (13€) con toma di Gressoney, crema di friarielli, salsiccia di Bra o la Melanzá (13€) con crema e chips di melanzane, pomodoro rosso del Piennolo e spuma di parmigiano.

Quella che ho assaggiato invece è la zuppa inglese: dolce inconsueto alle ns latitudini ma qui preparato in modo genuino e soddisfacente. Savoiardi imbevuti nell’alchermes, crema pasticcera, cacao amaro: tradizione apprezzata e non scontata considerate tutte le rivisitazioni possibili, oggi in giro.

Ci tornerò per assaggiare altre pizze.
Nel frattempo sappiate che la loro mission è aprire anche in altre parti d’Italia e il nord est è forse la zona più papabile.
Della serie, anche non torinesi: stay tuned.

WÈMÀ
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